Giordania | WEE.CAN! e il sostegno all’empowerment economico delle donne

8 marzo 2022. Giordania – Tacite norme di genere, norme tribali, norme sociali. In Giordania, le aspettative e gli atteggiamenti delle donne, delle famiglie e delle comunità stesse sono fortemente influenzati da norme non scritte e discriminanti che inquadrano la donna principalmente come madre e la collocano nel ruolo cliché di curatrice della casa, lasciando poco se non alcuno spazio alle possibilità di empowerment personale. I fenomeni di internalizzazione delle norme sociali riguardo ai ruoli di genere generano una risposta di adeguamento, per cui le donne non soltanto rimangono in gran parte escluse dalla possibilità di svolgere un ruolo attivo nell'economia, ma ricevono anche un riconoscimento limitato per il ruolo significativo che svolgono all'interno della famiglia. A livello familiare, infatti, si osservano disuguaglianze nella quota di distribuzione del lavoro domestico, da considerarsi un vero e proprio lavoro non retribuito, che è decisamente sproporzionata a sfavore delle donne.

Uno studio su questo tema commissionato da Oxfam nel 2020 e condotto nel governatorato di Ma'an, nella Giordania meridionale, ha rilevato che le donne svolgono la stragrande maggioranza delle attività domestiche e questo contribuisce a precludere loro l’accesso ad opportunità di generazione di reddito ed emancipazione economica e sociale. Il progetto WEE.CAN!, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e implementato da Oxfam in quest’area molto conservatrice del Paese, si inserisce perfettamente nel contesto descritto, proponendo un supporto alle donne sviluppato intorno a due componenti principali: empowerment economico ed empowerment sociale. Oltre a sostenere l'accesso ad attività generatrici di reddito sostenibili per donne economicamente vulnerabili provenienti dalle comunità di rifugiati e ospitanti in quattro aree del governatorato di Ma'an, Al Qasabah, Athroh, Mraighah e Al Jafr, il progetto ha mirato a creare un ambiente più favorevole per le donne relativamente alle norme sociali e ai ruoli di genere, che spesso si traducono nell'esclusione delle donne dal mercato del lavoro.

Grazie alle attività attuate nel corso di tre anni, e a seguito di un’analisi del mercato del lavoro nelle aree target focalizzata sulla valutazione delle competenze professionali delle donne beneficiarie e sulla domanda di mercato, 162 donne ­­– di cui 30% siriane e 70% giordane ­– hanno beneficiato di corsi di formazione professionale (vocational training) della durata di 30 giorni, sviluppati seguendo gli standard e i curricula nazionali forniti dal Centro di Formazione Professionale, 165 donne hanno partecipato a corsi di alfabetizzazione economico-finanziaria e 36 donne hanno ricevuto sostegno al lavoro autonomo grazie a formazioni e supporto tecnico e accesso al credito. In uno step successivo del progetto, è stato fornito  sostegno, mediante tutoraggio e coaching di 131 donne e supporto finanziario a 19 imprese sociali, alle donne che hanno deciso di avviare micro-imprese e imprese sociali. Oltre ad ulteriori attività di networking per la regolamentazione delle imprese sociali nelle aree di intervento, formazione sulle competenze trasversali e realizzazione di 18 micro-progetti a livello comunitario guidati da donne, il progetto si è concentrato su attività di advocacy in merito ai ruoli di genere ed il problema del lavoro domestico non formalizzato come impedimento all’empowerment economico delle donne, attività grazie alla quale sono stati raggiunti 1.000 beneficiarie nella comunità target, 50 stakeholders nazionali e internazionali e oltre 64.000 followers dei social media dedicati.

Molte delle donne intervistate nel corso delle attività hanno evidenziato come il progetto abbia fornito loro non soltanto conoscenze tecniche, ma anche la possibilità di affrontare, insieme ai membri maschili delle famiglie, alcune barriere e stereotipi che impedivano loro di lavorare o di esercitare attività economiche autonome. Alla fine del 2021, la maggior parte delle donne che hanno ricevuto un contributo grazie al progetto erano impegnate in attività di generazione di reddito, con alcune di esse in procinto di espandere il proprio business, garantendo il coinvolgimento di collaboratrici della propria comunità.

Iraq | fiori delle donne Yazide: un hotspot in Iraq per un’agricoltura “di genere”

8 marzo 2022. Duhok, KRI – Le conseguenze socio-economiche delle crisi siriana e irachena nella regione del Kurdistan iracheno (KRI), che ospita la maggior parte delle persone sfollate in seguito a questi conflitti, insieme al protrarsi della pandemia da COVID-19, hanno avuto un impatto significativo sulla possibilità di accesso a fonti di reddito per i gruppi più vulnerabili della popolazione, in particolare per le donne.

Nel governatorato di Duhok, che insieme ai governatorati di Erbil e Al-Sulaymaniyya ospita ad oggi più del 40% degli Internally Displaced People (IDPs) e rifugiati sia nei campi che nelle aree urbane e rurali del Paese, si conta il numero più alto tra IDPs e rifugiati (circa 253.000), tra cui circa 200.000 Yazidi, una minoranza antica originaria del Sinjar che riscontra seri problemi di integrazione socio-economica dovuti principalmente alle diversità linguistiche e religiose. In questo governatorato, AICS e i suoi partner hanno contribuito negli anni al rafforzamento della coesione sociale e della resilienza delle persone più vulnerabili tra gli Yazidi, i rifugiati siriani e la comunità curda ospitante, con progetti dedicati al sostegno e potenziamento delle filiere agricole e volti a migliorare le opportunità di accesso al reddito e di inclusione sociale, a favore soprattutto delle donne.

Nonostante la sostenibilità del settore agricolo sia stata sistematicamente minata da conflitti, abbandono e cattiva gestione, il potenziale di sviluppo del settore dell’agricoltura in KRI e nel governatorato di Duhok è in realtà estremamente elevato per via della fertilità dei terreni, della possibilità di accesso all’acqua e di un’alta produttività rispetto alla media nazionale. Considerando che in Iraq l’agricoltura risulta essere il secondo settore economico per impiego femminile (37% della forza lavoro composta da donne), il potere intrinseco di questo settore per sostenere l’autosostentamento delle comunità fragili e in particolare delle donne risulta notevole.

È così che nel campo di Essyan, dove risiedono circa 15.000 Yazidi scappati dalla violenza nella loro terra d’origine, si coltivano fiori, piante ornamentali e la possibilità di creare una fonte di reddito sostenibile. Grazie a due progetti finanziati da AICS a partire dal 2019, la Fondazione AVSI ha installato otto serre all’interno del campo, dove 70 donne e un gruppo di 10 uomini appartenenti alla comunità IDP yazida hanno completato la formazione sulle tecniche di floricoltura, un corso base di business e rendicontazione e life skills, avendo così l’opportunità di poter cominciare la propria produzione di fiori e piante ornamentali. La stessa installazione delle serre è avvenuta mediante un'iniziativa di cash for work che ha coinvolto e dato lavoro a 40 beneficiari del campo. I fiori e le piante sono poi venduti al dettaglio e ai vivai di Duhok, assicurando alle donne che li hanno coltivati una fonte di sostentamento.

Fragole, aloe vera, rose e menta sono state inoltre recentemente piantate in quattro di queste serre per assicurare la diversificazione della produzione, ed è stata contestualmente avviata la produzione di saponi naturali e acqua di rose in un laboratorio attrezzato per questo tipo di lavorazione.

Nel campo di Essyan si pensa quindi al futuro. Lo sbocciare dei fiori e la crescita dei funghi coltivati nelle grotte naturali continuano, e insieme ad essi le attività agricolo-commerciali, l’incremento del reddito familiare dei beneficiari coinvolti, e il fiorire di nuove possibilità di emancipazione e partecipazione sociale ed economica per le donne Yazide in fuga da conflitti, violenze e schiavitù.

The Italian Cooperation, in partnership with DPA and UNOPS, rebuilds homes in Hitteen Camp to support Palestinian Refugees in Jordan

Amman, 14 March 2019 – The United Nations Office for Project Services (UNOPS) is renovating 100 housing units in collaboration with the Jordanian Department of Palestinian Affairs (DPA), through the Housing Reconstruction Project for Palestinian Refugees in Hitteen Camp. The USD 2 million project is funded by the Italian Agency for Development Cooperation (AICS) to improve living conditions of Palestinian refugees residing in the Hitteen Camp in Jordan.

As a result of this project, 500 Palestinian refugees living in around 100 houses in the camp will benefit from the rehabilitated houses, offering improved safety and security for both the houses as well as the families. The project will directly contribute to preserving the dignity of refugees, and improving their living standards. The rehabilitation will also ensure an improvement in sanitary conditions and public health.

“As part of our commitment towards ensuring the safety of families as well as preserving the dignity of camp residents,” H. E. the Italian Ambassador to Jordan Fabio Cassese said, “our intervention in Hitteen camp targets the most vulnerable Palestinians refugees, to enhance their housing conditions and ensure safer living environments”, he underlined.

According to a recent study conducted by FAFO Foundation in collaboration with the Jordanian Department of Palestinian Affairs (DPA) and the Department of Statistics (DoS), about 300 houses in the camp require restructuring. "We strive to enhance the quality of people's homes, protecting low income households from threats posed to the safety and health of the family. Housing repairs intend to offer more equal housing opportunities" AICS Amman Director Michele Morana says, "and while enhancing the welfare of family members, the interventions have also a longer-term side effect of extending the life of homes and of revitalizing the neighborhood".

The initiative also intends to contribute generation of livelihood opportunities and income in the camp. It is indeed expected that 50 percent of skilled and unskilled workers in the construction works will be made up of refugees.

“In line with our infrastructure mandate, UNOPS is pleased to contribute to the improvement of living conditions in Hitteen camp, and support the Government of Jordan in its effort to deliver quality services and shelters, for the benefit of the camp residents in need”, said Bana Kaloti, UNOPS Regional Director for the Middle East while reiterating her commitment to engage with all partners and stakeholders.

Eng. Rafiq Kherfan, Director General of the Department of Palestinian Affairs, adds that “as a result of the interest of the Jordanian Government in improving the living conditions of Palestinian refugees in Jordan, DPA has been able to communicate with AICS which agreed on funding the rehabilitation project for the housing of poor families in Hitteen Camp. We highly appreciate the generous support of the Italian Government to the Palestinian community in Jordan”.

Hitteen camp, also known as Marka camp, dates back to 1968, and hosts around 53,000 Palestinian residents.

 

STORIE DAL CAMPO – educazione | Terres des Hommes

Una storia di speranza e determinazione

Giordania - Ayat, 22 anni, è una delle 270 beneficiarie che hanno usufruito di corsi di formazione forniti dal progetto implementato da Terre des Hommes Italia e finanziato dall`Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Lo scopo del progetto è stato quello di migliorare le condizioni di vita dei rifugiati siriani e degli individui più vulnerabili tra le comunità ospitanti libanese e giordana. I training hanno sviluppato le capacita tecniche e professionali dei partecipanti al fine di creare opportunità di lavoro nel governatorato di Bekaa in Libano e in quello di Amman in Giordania.

In partnership con la Municipalità di Sahab e con la Atlanta Garment Factory, i beneficiari hanno partecipato a training teorici e pratici. Inoltre, finito il percorso formativo, a tutti è stato proposto un contratto presso la stessa azienda.

Come ogni ventiduenne, Ayat ha sogni e ambizioni. Quando le abbiamo chiesto il suo più grande obiettivo ha affermato sicura: “voglio finire i miei studi e diventare un`infermiera”.

Ayat ha partecipato ai corsi di formazione per assicurarsi una vita migliore. Sebbene non abbia esperienza nel settore tessile, il training le ha offerto l`occasione per acquisire il know how necessario a lavorare le macchine industriali, differenti tipi di tessuto e a lavorare nella produzione degli indumenti su larga scala.

Non è stato facile all`inizio, la sua è una famiglia conservatrice, suo padre si opponeva all`idea di vederla lavorare, specialmente se in una fabbrica. C’è voluto del tempo per convincerlo, ma alla fine ha compreso che le condizioni di lavoro sono sicure e che ogni donna può lavorare.

“I corsi mi hanno dato disciplina e mi hanno permesso di conoscere nuove persone, costruendo relazioni che prima non avevo, hanno ampliato le mie conoscenze e in qualche modo hanno rappresentato una via di fuga dalla vita di casa” ha raccontato la ragazza.

Il sogno di Ayat è di avere la possibilità di completare gli studi superiori. Senza diploma non potrebbe accedere ad una scuola per infermiere. Dopo non essere riuscita a passare l`esame di maturità, suo padre si è rifiutato di pagare nuovamente per la sua istruzione.

“Dopo i training mi è stato offerto un lavoro ed io ho accettato perché era la sola possibilità per guadagnare e pagare i miei studi, un’opportunità a cui non potevo rinunciare” ha rivelato Ayat.

Ayat ha un`attitudine positiva verso la vita, prova sempre a non subire passivamente ciò che le accade ed affronta tutto con un grande sorriso. Ha talento nel cucire, specialmente all`uncinetto, ed ha trasformato questo suo talento in secondo lavoro da casa, riuscendo a vendere i propri prodotti su Facebook. Tutti i soldi guadagnati li risparmia per la sua educazione e spera possa riuscire a ricominciare la scuola il prossimo semestre.

“Sono molto grata per questo progetto, ha cambiato la mia vita e mi ha dato l’opportunità di realizzare I miei sogni. Spero che verranno realizzati altri progetti come questo in futuro. Esperienze come questa ci hanno dato una grande opportunità e hanno riacceso la nostra speranza” ha sintetizzato Ayat.

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STORIE DAL CAMPO – empowerment delle donne | Oxfam

Le ambizioni di Maram, insegnante non vedente di linguaggio braille

Giordania - Non vedente sin dalla nascita, Maram Al Zidaneen ha iniziato la sua avventura scolastica da persona con bisogni speciali quando, da bambina, ha frequentato una scuola speciale per non vedenti a Amman, capitale della Giordania. Trasferitasi poi nel Sud del Paese, nel governatorato di Ma'an, si è ritrovata ad essere l'unica allieva cieca nella piccola scuola pubblica che, in un primo momento, ha respinto la sua domanda di ammissione. "Le persone pensano che i ciechi imparino lentamente", ha raccontato Maram, che tuttavia ha avuto la fortuna di incontrare un preside lungimirante: dopo averla incontrata e aver compreso come Maram fosse completamente indipendente e capace di seguire un percorso scolastico come gli altri alunni, ha aperto alla bambina le porte della scuola.

“Essere non vedente non mi ha mai impedito di raggiungere risultati”, afferma Maram, ora diciannovenne. “Scrivo poesie, seguo molti corsi di formazione. Mi sono diplomata al liceo e ora sto frequentando il corso di laurea in Relazioni Internazionali e Studi Strategici, tra l’altro con il massimo dei voti". Grazie al partner di Oxfam in Giordania, l’Associazione Al Anwar, Manar ha anche frequentato corsi di alfabetizzazione finanziaria, formazione professionale e training volti all’acquisizione di competenze trasversali. "Questi corsi di formazione mi hanno aiutato a espandere il mio curriculum e sono certa che mi aiuteranno a sviluppare iniziative o progetti futuri". Come se gli straordinari risultati accademici non fossero sufficienti, Maram ha anche iniziato a offrire corsi di alfabetizzazione di linguaggio braille, ed è impegnata con vari enti di beneficenza per i non vedenti, con l'obiettivo di promuovere l'importanza di una migliore integrazione dei bambini non vedenti nelle scuole perché possano essere ben integrati nella comunità e vivere una vita piena e gratificante.

 

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Maram Al Zidaneen, beneficiaria del progetto Oxfam WEE.CAN!

STORIE DAL CAMPO – educazione | COOPI

I temporary learning spaces di Al Qayyarah

Mosul - Il distretto di Al Qayyarah, a sud di Mosul, è una delle regione colpite maggiormente dal conflitto contro ISIL. Il conflitto ha avuto un impatto devastante sulle persone, distruggendo case, edifici, infrastrutture e fonti di reddito, creando una generale mancanza di sicurezza e un alto tasso di sfollamento. Il processo di ricostruzione è ancora molto lento e le persone cercano a fatica di ricostruire le loro vite e un senso di normalità, specialmente per i loro figli.

L'impatto del conflitto sul settore dell’istruzione è stato particolarmente disastroso: la maggior parte degli edifici scolastici sono stati danneggiati e migliaia di bambini nel distretto sono stati impossibilitati a continuare gli studi. Le scuole esistenti ospitano due o tre volte il numero di bambini che i loro spazi consentirebbero, con classi sovraffollate e turni doppi o tripli. Ancora più drammatiche sono le conseguenze sui bambini stessi, vittime di stress post-traumatico (PTSD), violenze, abusi e discriminazioni e senza servizi in grado di fornire loro le cure necessarie.

AICS ha finanziato il progetto di COOPI per l’apertura di quattro “temporary learning spaces” (scuole adatte al contesto di emergenza) fornite di infrastrutture igieniche e materiali scolastici e ricreativi, la distribuzione di  kit scolastici a 1.200 bambini, l’organizzazione di corsi di formazione per 59 insegnanti e la realizzazione di eventi di sensibilizzazione sull’educazione per le comunità coinvolte.

Villaggio di SIRIT

Una delle scuole prefabbricate aperte grazie al progetto è una Scuola mista nel Villaggio di Sirit, un piccolo villaggio sul fiume Tigri a 10 Km a Nord dal centro di Al Qayyarah. Precedentemente il villaggio non era fornito di strutture scolastiche, 220 bambini erano costretti a frequentare le lezioni nella scuola del vicino villaggio di Lazzagah durante il turno pomeridiano e in classi sovraffollate. Il problema principale era però la distanza, gli studenti erano costretti a pagare un abbonamento mensile del pulman di 25.000 dollari iracheni, spesa difficile da sostenere per tante famiglie del posto o  a camminare un’ora tra andata e ritorno, su strade non illuminate, poco sicure e con possibili presenze di mine. Più di 50 studenti hanno lasciato gli studi a causa della distanza, soprattutto bambine. Con la nuova scuola, tutti i bambini del villaggio hanno potuto riprendere facilmente e in sicurezza gli studi, senza pesare sulle finanze delle loro famiglie, e partecipare inoltre ad attività ricreative e sportive. Tra questi bambini ci sono anche Ali Jawad e Shaima Hamad, che hanno acconsentito a raccontare la loro storia.

ALI JAWAD

“Mi chiamo Ali Jawad e ho 13 anni. Sono nato nel villaggio di Sirit, la mia famiglia è molto numerosa: ho 3 sorelle e 5 fratelli. Durante il conflitto non si poteva più andare a scuola  e per 10 mesi io e la mia famiglia siamo dovuti scappare a Makhmur, dove era più sicuro.”

“Prima della nuova scuola era difficile andare a lezione, dovevo camminare per 30 minuti per arrivare a Lazzagah, la strada era lunga, buia e d’inverno diventava tutta fango. Facevo lezione al secondo turno di pomeriggio e di sera e non c’era mai tempo e spazio  per giocare o fare sport, ero molto triste per questo”

“La nuova scuola mi piace molto, perché è moderna e vicino a casa. Posso finalmente fare sport e altre attività, mi piace giocare a calcio con i miei amici e disegnare”

“Per il futuro sogno di finire la scuola con dei voti alti cosi posso iscrivermi all’università. Vorrei diventare un Ingegnere, mi impegno tanto a scuola per raggiungere il mio obbiettivo”

SHAIMA HAMAD

“Il mio nome è Shaima Hamad, ho 12 anni e frequento la prima media. La famiglia è originaria di Mosul ma 5 anni fa io, i miei fratelli e i miei genitori siamo scappati e siamo venuti a vivere qui a Sirit da mio zio, perchè restare a vivere a Mosul era troppo pericoloso. Per 2 anni non sono andata scuola ma finalmente un anno fa ho ricominciato, qui nella nuova scuola a Sirit”’

“Prima sarei dovuta andare a scuola a Lazzagah ma i miei genitori non avevano i soldi per l’abbonamento del pulman e andare a piedi era pericoloso e la strada molto lunga”

“Quando ho visto la gru trasportare le aule della nuova scuola era molto felice, finalmente avremmo avuto una scuola vicina! La scuola mi piace molto perche è nuova”, sicura e io e le altre bambine abbiamo potuto disegnare e pitturare sui muri delle aule.”

“Mi piace disegnare e colorare, spero che in futuro la mia famiglia mi permetterà di frequentare un istituto tecnico o un college per imparare a disegnare meglio e trovare lavoro.’’

Ahmed, insegnate di Ali e Shaima, sorride soddisfatto durante l'evento inaugurale della nuova scuola di Sirit, Maggio 2018

Shaima Hamad, di 12 anni, alunna della scuola di Sirit durante l'intervista con Ramadan Majeed, operatore di COOPI Iraq, nella sua classe a Sirit

Le infrastrutture igieniche installate da COOPI e AICS nella scuola di Sirit

STORIE DAL CAMPO – sicurezza alimentare | WFP

Una madre single sostiene la propria famiglia nel campo di Za’atari

Za'atari, Giordania - Sei anni fa, Um Ibrahim e i suoi quattro figli sono fuggiti dalla Siria lasciandosi alle spalle la guerra nella loro città natale di Dara’a. Il conflitto iniziato nel 2011 nel Paese li ha costretti ad abbandonare casa e beni - tutto ciò che era loro familiare - e dirigersi verso la sicurezza a sud del confine tra la Siria e la Giordania. Attualmente vivono nel campo profughi di Za’atari nel nord della Giordania. "Pensavamo che saremmo rimasti qui soltanto per poco tempo, finché la situazione non fosse migliorata", dice Um Ibrahim, riflettendo sulla vita tra i rifugiati nel campo. "Ma siamo ancora qui, e per ora restiamo qui."

Come un hobby si è trasformato in mezzo di sostentamento

Um Ibrahim si è sposata 25 anni fa quando aveva solo 14 anni. Ora, mentre si avvicina ai 40 anni, è rimasta sola con quattro figli a cui badare. Ha perso il marito in guerra. Come madre single, Um Ibrahim lavora nel campo per sostenere la sua famiglia. È impiegata dal Programma Alimentare Mondiale (WFP) in una delle quattro Healthy Kitchens, dove i genitori trovano impiego aiutando a preparare i pasti forniti agli studenti delle scuole del campo.

"Cucinare è sempre stato un hobby per me. Quando ero una ragazza, mia madre diceva che saper cucinare sarebbe risultata un'abilità utile", ha detto Um Ibrahim. "Non avrei mai immaginato che un giorno sarebbe arrivato a significare così tanto e diventare la fonte delle mie entrate". Il figlio minore Abdullah è nato in Siria - aveva solo 7 mesi quando la famiglia è arrivata in Giordania. Nel frattempo, il figlio maggiore è tornato in Siria dopo che la famiglia ha attraversato il confine, ed è in seguito  riuscito a rifugiarsi in Germania.

Il Programma alimentare mondiale (WFP) offre pasti scolastici sani a 20.000 bambini rifugiati in tutte le scuole formali del campo di Zaatari attraverso il progetto Healthy Kitchens, cui l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo ha contribuito anche quest’anno con un finanziamento 1M di Euro. Il progetto mira a migliorare la salute e la consapevolezza nutrizionale, promuovendo al tempo stesso sane abitudini alimentari. Circa 200 donne siriane sono impiegate, beneficiando così dell’opportunità di creazione di reddito, per preparare e cucinare pasti scolastici sani, come formaggio fresco e pane condito con timo (manaqeesh) insieme a verdura e frutta di stagione, che sono forniti ogni giorno a oltre 10.000 studenti nelle scuole formali di Za'atari e Azraq.

L'orgoglio dipinto sul volto di Um Ibrahim è palese, mentre spiega come funziona la cucina salutare: "Includiamo una porzione di pasta, una di frutta e una di verdure per ogni pasto! E poi sforniamo i dolci qui nel campo".

Fare la spesa in un batter d'occhio

"L'assistenza alimentare che riceviamo è molto buona, senza di essa nessuno di noi ospiti potrebbe restare qui, nessuno sarebbe in grado di sopravvivere", spiega Um Ibrahim. "Acquistiamo cibo tramite un macchinario per la scansione dell'iride, che è molto facile da usare: quando vado a pagare il cibo al supermercato, guardo in una macchina che analizza i miei occhi e si collega all’account collegato al mio nome. Non devo neanche più preoccuparmi di avere del denaro contante o una carta!".

E per quanto riguarda l’erogazione del contributo? "All'inizio di ogni mese, ricevo un messaggio di testo che mi informa che il nostro account è stato ricaricato. Ogni membro della mia famiglia riceve 20 JOD al mese per comprare cibo e ogni mattina riceviamo anche pane fresco presso i punti di distribuzione del pane all’interno del campo".

Imparare che la speranza non ha limiti

Riflettendo su come sono trascorsi gli ultimi sei anni, Um Ibrahim ha detto che la lezione più grande che ha imparato è che la capacità umana di speranza non ha limiti.
"Sono ancora in grado di vedere la speranza quando la vita sembra non averne alcuna, vivere nelle difficoltà mi ha permesso di vedere il bene nelle persone e di apprezzare le benedizioni che ho", ha detto. "Il potere della gioia, dell'amore e della gentilezza mi dà un senso di speranza: la condivisione di un pasto o un abbraccio con un vicino è stata una forza così potente e inaspettata".

Grazie al generoso contributo di donatori tra cui la Cooperazione Italiana, il WFP è in grado di continuare a sostenere la famiglia di Um Ibrahim e migliaia di profughi siriani che come lei vivono ormai da lungo tempo in Giordania.

WFP Jordan

STORIE DAL CAMPO – livelihoods | AVSI

Il primo lavoro di Hanan

Jerash, Giordania - “Il mio nome è Hanan, vivo nel campo profughi ‘Gaza‘ di Jerash, in Giordania, e sono madre di cinque figli. La mia storia inizia con la partecipazione al training per donne organizzato da AVSI”.

Hanan è una dei 629 beneficiari del progetto “Aamal”, realizzato da Fondazione AVSI e OXFAM grazie al supporto dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). L’iniziativa si è svolta tra aprile 2017 e giugno 2018 in Libano e Giordania e si è concentrata sulla formazione professionale e l’inclusione sociale di giovani vulnerabili.

In Giordania il progetto ha portato a un rafforzamento delle soft skills – ovvero di competenze trasversali come la leadership e la comunicazione efficace – e delle capacità tecniche e professionali di 151 persone tra giordani e rifugiati siriani e palestinesi. Al tempo stesso sono stati coinvolti attori del settore pubblico e privato come il Vocational Training Corporation (VTC) e Sitti Soap, un’impresa sociale che offre alle donne rifugiate un impiego dignitoso nel settore della produzione del sapone.

Il percorso di Hanan e degli altri 150 beneficiari è iniziato quindi con la partecipazione a una sessione di life skills, ovvero di sviluppo di abilità come l’empatia e la gestione dello stress, che l’ha aiutata a intraprendere un cammino di autoconsapevolezza e di comprensione dell’altro.

“La formazione mi ha aiutato sia a livello personale che professionale”, ci racconta Hanan. “Mi sento una persona migliore e vorrei aiutare anche gli altri attorno a me a migliorare sé stessi, a partire dalla mia famiglia e dai miei figli”.

Come altri beneficiari del progetto, Hanan non aveva mai lavorato prima d’ora, limitandosi a prendersi cura della casa e dei figli nel campo “Gaza” alla periferia di Jerash, un’antica città romana 50 kilometri a nord di Amman, la capitale della Giordania.

“Volevo mettermi alla prova e così ho iniziato la formazione per imparare a produrre il sapone. Prima il sapone lo usavo solamente, ora lo produco”. Così dopo la sessione di life skills, Hanan ha iniziato un corso di formazione professionale presso Sitti Soap, imparando a trasformare l’olio d’oliva in vari tipi di sapone.

Grazie al progetto finanziato dall’AICS Hanan ha avuto anche l’opportunità di incontrare nuove persone e stringere nuove relazioni sociali, soprattutto con “le mie dieci sorelle con le quali ho partecipato ai training”.

Al termine del training professionalizzante, Hanan ha svolto due mesi di tirocinio con la stessa impresa sociale, durante i quali è stata seguita da un mentor. I mentor del progetto Aamal hanno visitato periodicamente le fabbriche, i negozi e i workshop in cui i beneficiari stavano svolgendo i loro tirocinii per monitorare la loro presenza, sincerarsi che non avessero problemi con il datore di lavoro o con i compiti assegnati e che questi ultimi rispondessero alle competenze apprese.

“Ora lavoro con Sitti Soap e mi sento parte dell’impresa. Il lavoro mi permette di mettermi alla prova”. Dopo il tirocinio, a Hanan è stato offerto di continuare a lavorare con Sitti Soap per 20 ore alla settimana, in modo da darle il tempo di prendersi cura dei propri figli.

Aamal mi ha dato la possibilità di realizzare i miei sogni”, conclude Hanan. Ed è per questo che ci tiene a ringraziare AVSI e l’AICS per “la grande opportunità offertami attraverso la partecipazione a questo progetto”.

AVSI Jordan

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